Quella relazione tra dazi e deficit che ci eravamo quasi dimenticati

Proprio quando pensavamo che sul fronte dei dazi fosse tutto tranquillo e che tutti avessimo ricominciato a preoccuparci del deficit degli Stati Uniti, boom! Trump minaccia l'UE con una valanga di altri dazi. Preparatevi! Ecco cosa succederà la prossima settimana… 

Non sto scherzando, la bozza dell'articolo di questa settimana iniziava con la frase "Buone notizie, gente, niente dazi questa settimana!". Purtroppo, l’avevamo scritta prima che l’inquilino della Casa Bianca minacciasse dazi del 25% sugli iPhone e del 50% su tutto ciò che proviene dall'UE..

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Donald Trump's Friday Truth Social post threatening increased tariffs on the EU

Gli investitori hanno una cosa in più di cui preoccuparsi

Manterrò però la parola data, perché, come se i dazi non bastassero, questa settimana gli investitori hanno trovato un altro motivo di preoccupazione: il deficit statunitense.

Mercoledì, per un breve periodo, gli asset statunitensi – titoli di Stato, azioni, dollaro – hanno ricominciato a vendere all'unisono. Sembra riaffiorare il Sell America.

Certo, il deficit statunitense non è una novità. Da tempo si attesta a oltre il 6% del PIL, e il presidente Trump annuncia tagli fiscali ormai da mesi.

Ma allora perché gli investitori sono improvvisamente preoccupati? Parte della risposta sta nel disegno di legge del Presidente Trump su tasse e spesa, approvato dalla Camera questa settimana.

Non è che faccia aumentare drasticamente il deficit, perché, francamente, non lo fa. I tagli fiscali di Trump del 2017, che il disegno di legge rende permanenti, non sono una novità. E i tagli fiscali su mance, straordinari e previdenza sociale sono compensati dai tagli proposti a Medicaid e dai crediti d'imposta previsti dall'Inflation Reduction Act. I dazi portano anche un po' di liquidità extra.

Ciò che ha innervosito gli investitori è che questo disegno di legge sarebbe stata una rara opportunità per il Congresso di gestire il deficit. Un'opportunità che difficilmente si ripresenterà prima della fine del mandato presidenziale. Un'opportunità che è stata ampiamente persa.

Certo, il disegno di legge deve ancora passare al Senato, che potrebbe portare ad alcune modifiche favorevoli al mercato. Ma le elezioni di medio termine di novembre 2026 si avvicinano sempre di più. Come mi ha detto questa settimana James Knightley, il nostro guru degli Stati Uniti, pochi membri della Camera, in lizza per la rielezione, saranno propensi a far approvare una manovra di austerity prima di allora. E dopo, beh, il rischio è che il Congresso finisca per essere molto più diviso e che si crei una situazione di stallo.

Niente di tutto questo è passato inosservato agli investitori. E sospetto non sia passato inosservato nemmeno il fatto che i tagli fiscali considerati temporanei, come quelli su mance e straordinari, che tecnicamente scadranno nel 2028, tendono a essere resi permanenti in seguito.

C'è anche un problema più grande, ovvero che l'economia statunitense è destinata a rallentare considerevolmente quest'anno, secondo le previsioni di James. Una crescita inferiore potrebbe avere conseguenze molto più gravi sull'entità del deficit rispetto al disegno di legge fiscale. Il fatto che gli Stati Uniti abbiano registrato un deficit del 6% in un periodo in cui il mercato del lavoro era forte e l’economia cresceva del 2-3% annuo non è di buon auspicio per un futuro in cui le condizioni economiche (forse) peggioreranno.

Grafico della settimana: il deficit degli USA supera il 6%

2024 is estimated - Source: Macrobond
2024 is estimated
Source: Macrobond

In breve, le preoccupazioni relative all'indebitamento degli Stati Uniti non sembrano placarsi. E, nonostante i sentimenti forti contro la legge fiscale, ironicamente, questa non inciderà in modo tangibile sui tassi di crescita economica nei prossimi due anni.

Ciò è in netto contrasto con gli ultimi anni, in cui la politica fiscale è stata un fattore chiave della narrazione dell'eccezionalismo statunitense. Gli stimoli dell'era Covid hanno catalizzato un periodo straordinario di crescita della spesa al consumo. E l'Inflation Reduction Act/CHIPS Act ha innescato forti aumenti negli investimenti industriali (anche se gli investimenti, in generale, sono rimasti più contenuti).

Ci tengo a ribadirlo perché la situazione in Europa appare piuttosto diversa. I governi europei – o almeno la Germania – stanno effettivamente aumentando il sostegno fiscale quest'anno. Ci sarà una spinta significativa alla crescita economica, anche se maggiore nel 2026 che nel 2025. E, in netto contrasto con gli Stati Uniti, gli investitori sembrano molto meno preoccupati di cosa tutto ciò significhi per la sostenibilità del debito.

I rendimenti dei Bund tedeschi sono in calo dall'inizio di aprile, mentre i titoli del Tesoro statunitensi sono aumentati considerevolmente. All'interno dell'Europa stessa, lo spread tra il debito italiano e quello tedesco, un indicatore tradizionale della preoccupazione per l'indebitamento, è al livello più basso dal 2021.

Questa è una storia a lungo termine, ovviamente. E per ora, c'è una spiegazione più basilare: i deficit europei sono molto più bassi che negli Stati Uniti. I governi dell'Eurozona hanno registrato un deficit aggregato di quasi il 3% lo scorso anno.

Persino in Germania, dove il governo sta traducendo in cifre concrete il suo storico impegno per la difesa e il fondo infrastrutturale, le regole fiscali europee – che impongono un deficit massimo del 3% – incombono sui negoziati di bilancio.

Ne ho parlato con Carsten. Lui è scettico circa la possibilità che l'Europa possa rimanere a lungo un presunto faro di stabilità fiscale. Le pressioni a lungo termine derivanti dall'invecchiamento demografico e dalla perdita di competitività, nonché la necessità di incrementare gli investimenti, non fanno che aumentare. E, al di fuori della Germania, il margine di bilancio per affrontare queste sfide è limitato. Un sistema politico europeo frammentato renderà sempre più difficile conciliare queste esigenze di spesa a lungo termine con tagli alla spesa potenzialmente dolorosi altrove. La Francia ne è un esempio lampante.

Carsten avverte che l'Europa non è del tutto immune all'angoscia degli investitori che attualmente riecheggia sui mercati statunitensi. Anzi, questo sta diventando un vero problema per il Tesoro britannico.

Non solo i rendimenti obbligazionari britannici si stanno dimostrando più correlati con quelli statunitensi che altrove in Europa in questo momento, ma l'aumento dei rendimenti riduce direttamente la quantità di "margine di manovra" a disposizione del Tesoro in base alle sue regole fiscali. In pratica, ciò significa che più aumentano le preoccupazioni degli investitori negli Stati Uniti, più è probabile che il Regno Unito debba aumentare le tasse.

Mercati Sviluppati

USA (James Knightley)

Escalation, de-escalation e ora re-escalation della guerra commerciale di Trump saranno i temi che guideranno i mercati la prossima settimana. La prospettiva di dazi del 50% sulle importazioni dall'UE negli Stati Uniti a partire dal 1° giugno, insieme al fatto che le aziende tecnologiche e farmaceutiche sono sempre più oggetto della sua ira, significa che i timori di forti aumenti dei prezzi e di un'attività economica più debole devono essere scontati dai mercati finanziari.

In termini di dati, la fiducia dei consumatori dovrebbe riprendersi, dato l'accordo commerciale temporaneo con la Cina che ha visto una riduzione dei dazi dal 145% al ​​30% e il rimbalzo dei titoli azionari, ma questa è ormai notizia vecchia, visti i post del Presidente sui social media di venerdì 23 maggio. I consumatori saranno di nuovo preoccupati per le conseguenze che questo avrà sul loro potere d'acquisto. Quindi la reazione ai dati dovrebbe essere limitata. Inoltre, ci sarà una crescente preoccupazione che i dazi del 30% sulle importazioni cinesi non saranno la soluzione definitiva e potremmo assistere a un loro aumento.

Tutto ciò probabilmente significa che un andamento benigno del deflatore PCE core non influenzerà i mercati. Sulla base dei dati PPI e CPI, prevediamo un aumento dello 0,1% su base mensile dell'indicatore di inflazione preferito dalla Fed, ma se i dazi dovessero aumentare di nuovo, questa situazione potrebbe non durare a lungo, poiché le aziende trasferiranno i costi ai clienti. Boeing ha registrato 8 ordini di aeromobili ad aprile, in calo rispetto ai 192 di marzo, e questo trascinerà drasticamente verso il basso gli ordini di beni durevoli.

Europa centrale e orientale

Polonia (Adam Antoniak)

  • Vendite al dettaglio (lunedì): Molto probabilmente hanno registrato una ripresa ad aprile dopo un calo a marzo, principalmente a causa della concomitanza con la Pasqua (aprile di quest'anno rispetto a marzo dell'anno scorso). Ciò ha pesato sulla crescita annuale delle vendite a marzo e dovrebbe sostenerla ad aprile, in particolare per quanto riguarda le vendite di generi alimentari e carburante, dato che i consumatori hanno festeggiato e viaggiato.
  • Inflazione flash (venerdì): L’inflazione di maggio dovrebbe essere sostanzialmente simile ad aprile, mentre il dato core è probabilmente aumentato leggermente. La pressione al rialzo è stata compensata da cali ancora più marcati dei prezzi del carburante su base annua.

Ungheria (Peter Virovacz):

  • Riunione di definizione dei tassi (martedì): Prevediamo che la Banca Nazionale d'Ungheria manterrà i tassi di interesse invariati nella riunione di maggio. Sebbene le prospettive economiche stiano peggiorando, l'ultimo dato sull'inflazione ha causato una sorpresa piuttosto spiacevole. A seguito della pubblicazione di dati sulla pressione sui prezzi superiori alle aspettative, il governo ha introdotto una nuova misura per ridurre i prezzi di alcuni beni per la casa, con la possibilità che i prodotti farmaceutici siano i prossimi della lista. In questo contesto, riteniamo che la banca centrale preferisca stabilizzare i mercati mantenendo non solo un tasso di interesse invariato, ma anche un orientamento invariato della politica monetaria. Pertanto, prevediamo di sentire le stesse linee aggressive dei mesi precedenti.

Repubblica Ceca (David Havrlant):

  • Fiducia (lunedì): La fiducia delle imprese è stata probabilmente ulteriormente frenata a maggio dall'incertezza sulle prospettive di crescita globali, e in particolare europee. La domanda dei principali partner commerciali europei rimane a pezzi, mentre la propensione agli investimenti è debole. Nel frattempo, la fiducia dei consumatori potrebbe beneficiare del pieno svolgimento della stagione turistica e delle costruzioni, che favorirà la ripresa del mercato del lavoro. Pertanto, prevediamo una stabilizzazione o un miglioramento marginale su questo fronte.
  • Revisioni del PIL (venerdì): Il miglioramento delle statistiche sull'attività economica del primo trimestre confermerà probabilmente la stima iniziale di espansione complessiva e fornirà una ripartizione della spesa. I consumatori sono probabilmente rimasti in prima linea nella ripresa economica, mentre gli investimenti fissi sono rimasti ancora una volta piuttosto sottotono.

Turchia (Muhammet Mercan):

  • PIL: Gli indicatori del primo trimestre hanno mostrato una crescita continua nei servizi e nelle costruzioni. Altri indicatori per l'industria, come l'utilizzo della capacità produttiva e l'indice PMI, mostrano un certo peggioramento. Di conseguenza, prevediamo un aumento del PIL del 2,1% su base annua nel primo trimestre, mentre si registrano segnali di debolezza per il secondo trimestre, dati i crescenti rischi di ribasso dopo la volatilità di marzo. Nel frattempo, prevediamo un aumento del deficit commerciale estero a 12,0 miliardi di dollari ad aprile, rispetto ai 9,9 miliardi di dollari dello stesso mese dell'anno scorso, sulla base di un aumento del 12,9% su base annua delle importazioni a fronte di un aumento dell'8,5% su base annua delle esportazioni.

Gli eventi chiave nei Mercati Sviluppati

 - Source: Refinitiv, ING
Source: Refinitiv, ING

Gli eventi chiave in Europa Centrale ed Orientale

 - Source: Refinitiv, ING
Source: Refinitiv, ING
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