Trump alza la posta: all’UE dazi del 50%. Sarà accordo o sarà guerra?

La minaccia di Trump di imporre dazi del 50% sui beni UE dal 1° giugno ha riacceso i timori di una guerra commerciale transatlantica. L'offerta rivista dell'UE è sul tavolo, ma i colloqui restano fragili.  Eppure, come per la Cina, un accordo nel fine settimana rimane possibile in questo gioco ad alta tensione. 

Le proposte commerciali dell'UE si scontrano con la minaccia di dazi al 50%

Finora l’UE si è sforzata di arrivare a un accordo. Ha ritardato le contromisure di 90 giorni, fino al 14 luglio; e ha offerto proposte di intesa che vanno ben oltre la forma. Ciononostante, l'amministrazione statunitense sembra essere insoddisfatta. L'UE ha avanzato un accordo commerciale da 50 miliardi di euro che include l'acquisto di GNL e soia per ridurre il deficit commerciale, proponendo tariffe allo 0% su automobili e beni industriali. In alternativa, ha rivisto la sua proposta offrendo una cooperazione strategica in materia di energia, intelligenza artificiale, infrastrutture digitali e impegni in materia di diritti del lavoro internazionale, standard ambientali e sicurezza economica. Alla luce di ciò, non è ancora chiaro cosa si aspetti l'amministrazione statunitense, a parte la riduzione unilaterale delle tariffe dell'UE prevista in precedenza.

Cosa ci dicono i fatti?

Mentre i dazi medi tra Stati Uniti e Unione Europea sono simili, le differenze settoriali sono davvero notevoli. Si pensi, ad esempio, alle tariffe più alte dell'UE sulle automobili (10% contro il 2,5% degli Stati Uniti) e sui prodotti alimentari. Ma anche gli Stati Uniti hanno le loro forti barriere. I veicoli commerciali leggeri sono da tempo soggetti a un'aliquota tariffaria del 25%, rispetto al 10% dell'UE. Per quanto riguarda la bilancia commerciale, l'UE ha registrato un surplus di 198,2 miliardi di euro con gli Stati Uniti nel 2024. Tuttavia, se si considerano i servizi, gli Stati Uniti registrano un avanzo di 109 miliardi di euro (a partire dal 2023), con notevoli esportazioni di servizi informatici, guidate da aziende tecnologiche americane dominanti, oneri per la proprietà intellettuale e servizi finanziari.

Un accordo è ancora possibile?

Nonostante la retorica aggressiva, le minacce tariffarie di Trump sono spesso il preludio di un negoziato, come nel caso dell'accordo del fine settimana con la Cina all'inizio di maggio (che in realtà è stato più un rinvio che un vero accordo). Tuttavia, è sempre stato chiaro che la posizione dell'amministrazione statunitense nei confronti dell'UE sarà diversa da quella della maggior parte degli altri partner commerciali. Commenti come “l'UE è più cattiva della Cina” sono caratteristici dell'approccio della nuova amministrazione statunitense. È difficile capire quale potrebbe essere l'obiettivo finale di Washington. D’altro canto, l'approccio dell'UE è chiaro. Segue una strategia su due fronti: segnalare l'apertura a un accordo e prepararsi a un'escalation. Pur essendo più lenta ad agire, l'UE ha preparato un paio di misure tariffarie di ritorsione che dovrebbero entrare in vigore il 14 luglio. Se le trattative dovessero davvero fallire, l'UE dovrebbe ricorrere all'artiglieria pesante, come regolamenti più severi sulle aziende tecnologiche statunitensi, ritardando le licenze o limitando l'accesso agli appalti pubblici e limitando i diritti di proprietà intellettuale e i flussi di investimenti nell'ambito dello Strumento Anti-Coercizione (ACI).

Volatilità, di nuovo

Una settimana relativamente tranquilla si chiude in modo brusco e deludente, ricordandoci che siamo ancora lontani da qualsiasi “bell'accordo commerciale” o dal ritorno alla normalità.

La volatilità è tornata. Per essere chiari, se venissero applicati integralmente, i dazi statunitensi del 50% sui prodotti europei ridurrebbero di circa 0,6 punti percentuali la crescita del PIL e porterebbero l'economia dell'Eurozona vicina alla recessione. Inutile dire che aumenterebbero anche le pressioni stagflazionistiche negli Stati Uniti.

Allo stato attuale, non ha senso speculare sull'esito delle tensioni commerciali. Tutto è possibile, da un potenziale accordo a un'ulteriore escalation. Siamo convinti che, col tempo, il prezzo economico di un'escalation della guerra commerciale per gli Stati Uniti diventerà troppo alto per sostenere a tempo indeterminato dazi elevati. Dopo una breve tregua, preparatevi al prossimo, turbolento capitolo.

La reazione dei mercati europei

Anche se i dazi del 50% potrebbero essere solo una minaccia temporanea, i mercati azionari europei hanno subito registrato un calo dopo la notizia. L'indice Euro Stoxx 50 è sceso di quasi il 3% al momento in cui scriviamo questo report, con il settore auto in calo del 4-5%. I tassi swap sull'euro a due anni sono scesi di circa 6 pb, in quanto il mercato ha valutato un aumento di 10 pb del ciclo di allentamento della Banca Centrale Europea di quest'anno, che ora prevede ulteriori 62 pb di tagli per l'anno in corso.

La coppia EUR/USD ha registrato un breve calo dello 0,6% in seguito alla notizia, ma è rimbalzata un po', presumibilmente a causa dei dubbi sulla possibilità che queste tariffe del 50% vedano mai la luce. Gli sviluppi odierni hanno visto anche EUR/JPY scendere, sulla base dell'idea che lo yen, piuttosto che l'euro, sarà il principale beneficiario di eventuali deflussi di dollari quest'estate. E il cambio EUR/GBP ha toccato i livelli più bassi dall'inizio di aprile, ora che il Regno Unito ha un accordo commerciale.

Gli eventi di oggi, 23 maggio, ricordano agli investitori di non essere troppo tranquilli riguardo alle tariffe doganali quest'estate. Sia giugno che luglio potrebbero essere difficili per i mercati - e potrebbero mantenere alta la volatilità sul mercato dei cambi - con Washington che farà pressione sull'UE e sul resto del mondo per raggiungere accordi commerciali.

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