Il prezzo della resilienza in un mondo più frammentato

Recenti interviste a leader di grandi aziende riflettono l'impatto del contesto geopolitico più incerto, sia sulla crescita che sui costi. Allo stesso tempo, gli eventi attuali sono visti come un forte campanello d'allarme per l'Europa, che deve agire con decisione sulle riforme essenziali delineate nel rapporto Draghi 

Il punto di vista dei leader delle grandi aziende

Sulla base della sua indagine annuale sulla percezione dei rischi globali (Global Risks Perception Survey), il World Economic Forum ha individuato all'inizio di quest'anno i tre maggiori rischi per il 2025: conflitti armati tra Stati, eventi meteorologici estremi e conflitto geoeconomico. Sebbene gli eventi meteorologici estremi siano purtroppo diventati più comuni e lo scorso anno figurassero già tra i primi tre, il primo e il terzo rischio possono essere riclassificati come rischio geopolitico, un problema con cui i leader aziendali devono confrontarsi sempre più spesso. Dalle interviste di Marieke Blom con leader aziendali di vari Paesi del mondo, emergono diverse strategie per migliorare la resilienza di fronte a un contesto più rischioso. Comprendere i rischi è il primo passo. Successivamente, si possono adottare misure per mitigare il rischio o il suo impatto, a volte persino isolando determinate attività. Infine, una risposta rapida quando i rischi si materializzano rimane essenziale. Abbiamo proseguito le interviste* con CEO e CFO di aziende internazionali, principalmente belghe, e abbiamo confrontato alcune delle informazioni con ricerche recenti sull'impatto del contesto globale in evoluzione.

*Le interviste si sono svolte tra la fine di febbraio e l'inizio di aprile.

L'incertezza geopolitica pesa sulla fiducia

Negli ultimi anni, la maggior parte degli indicatori che valutano il contesto di rischio globale è aumentata. Dal 2022, l'indice di rischio geopolitico ha registrato un aumento medio del 50% rispetto al decennio precedente. Attualmente, rimane circa una deviazione standard al di sopra della sua media di lungo termine. Una ricerca della Banca d'Inghilterra indica che questo livello di incertezza ha storicamente ridotto la crescita delle economie occidentali da 0,1 a 0,2 punti percentuali. Inoltre, l'indice di incertezza incentrato sulla politica commerciale è aumentato vertiginosamente dall'inizio del secondo mandato di Donald Trump, con gli indici di incertezza politica statunitensi che hanno anch'essi raggiunto nuovi massimi. Questa incertezza ha un impatto sull'economia e sull'attività imprenditoriale che si ripercuote in vari modi. Il sentiment dei consumatori potrebbe essere influenzato negativamente, come emerso dai sondaggi condotti in una recente analisi della Banca Centrale Europea. Questo rischio è stato evidenziato dall'amministratore delegato di un importante società retail, il quale ha osservato che un consumatore leggermente più timoroso è più propenso a tagliare le spese discrezionali. Anche il settore imprenditoriale è influenzato dall'incertezza. Un dirigente di un'azienda B2B ha osservato un rallentamento senza precedenti nei processi decisionali dei clienti, con le aziende che adottano un approccio attendista e investono meno. Un'azienda di media ha affermato che la crescente incertezza sta spingendo le aziende a ridurre rapidamente i budget di marketing. Una ricerca della BCE suggerisce che l'incertezza sulla politica commerciale potrebbe ridurre gli investimenti delle imprese nell'Eurozona dell'1,1% nel primo anno.

Sale l’incertezza sulle politiche commerciali

 - Source: LSEG Datastream
Source: LSEG Datastream

Impatto diretto

Oltre agli impatti economici indiretti, alcune aziende sono state direttamente colpite dal crescente rischio geopolitico. Diverse società da noi contattate hanno dovuto affrontare difficoltà nelle loro attività in Russia, e una di loro ha persino subito danni a un impianto produttivo in Ucraina a causa dei bombardamenti di Mosca. Un'altra azienda ha adottato un piano di emergenza per l'evacuazione del personale da uno stabilimento in un Paese confinante con la Russia.

D'altra parte, la situazione attuale offre anche opportunità. Uno sviluppatore di progetti internazionale ha evidenziato le esigenze di ricostruzione in Ucraina, con il solo settore immobiliare che rappresenta quasi 81 miliardi di euro del fabbisogno totale a lungo termine. Inoltre, l'aumento della spesa per la difesa in Europa ha creato future opportunità di business per diverse aziende.

Infine, la formazione di "blocchi" all'interno del sistema commerciale globale ha accresciuto l'importanza dei "Paesi di collegamento", che hanno sostituito i legami commerciali diretti tra i blocchi. Un'azienda attiva nel settore della logistica ha confermato il grande successo della strategia che ha preso il nome di "Cina più uno".

La sindrome cinese

Per molte aziende, la Cina è oggetto di un "rapporto di amore e odio". Da un lato, quello del Dragone rimane un mercato significativo, con diverse aziende da noi contattate che vi hanno effettuato investimenti o pianificano investimenti diretti. Dall'altro, la Cina è considerata un mercato difficile. Molti concorrenti locali, spesso in perdita ma non autorizzati a dichiarare bancarotta per vari motivi, mantengono intensa la concorrenza sui prezzi, mentre la domanda si è indebolita negli ultimi anni. Un record del 73% delle aziende europee attive in Cina ha dichiarato che fare affari lì è diventato più difficile, secondo l'indagine annuale della Camera di Commercio dell'UE in Cina. "Le aziende stanno davvero risentendo della stretta, sono pessimiste, ma ancora una volta trovano catene di approvvigionamento molto interessanti in Cina che richiedono una presenza continuativa nel mercato cinese", ha dichiarato Jens Eskelund, presidente dell’organo comunitario.

Questa situazione evidenzia anche la crescente dipendenza dalla Cina per fattori di produzione critici. Un CEO ha affermato che, a causa della continua contrazione dell'industria chimica in Europa, dovuta agli elevati prezzi dell'energia, la sua azienda ora dipende quasi completamente dalla Cina per alcuni fattori di produzione. Questa osservazione è stata corroborata da altri dirigenti aziendali che, in alcuni casi, disponevano ancora di alternative alla Cina, ma a costi significativamente più elevati. Secondo il database MERICS sulla dipendenza commerciale, la dipendenza dalla Cina nel 2022 è stata circa tre volte superiore rispetto a 20 anni fa. Nello stesso periodo, la Cina ha ridotto la sua dipendenza dalle importazioni dall'UE da 235 a 120 beni. Diversi CEO, pertanto, temono non solo la forte concorrenza della Cina, ma anche il rischio per le forniture critiche qualora gli eventi geopolitici avessero portato a un rapporto più ostile tra Occidente e Cina.

Numero di dipendenze bilaterali sui prodotti (escluso il settore tessile)

 - Source: MERICS Trade Dependency
Source: MERICS Trade Dependency

Verso il West!

I dazi sulle importazioni statunitensi hanno reso più allettante la logica della produzione locale, a condizione che gli input possano essere reperiti principalmente localmente. "Davo per scontato che Trump avrebbe vinto le elezioni e mantenuto la promessa di aumentare i dazi sulle importazioni per incoraggiare la produzione locale negli Stati Uniti. Di conseguenza, ho deciso di aumentare la produzione negli Stati Uniti", afferma un CEO. Anche altri stanno valutando investimenti (aggiuntivi), con l'energia a basso costo che offre un vantaggio competitivo. Detto questo, alcuni si sono detti sollevati dal fatto che i dazi generali per Canada e Messico non siano stati applicati, consentendo così di continuare la produzione in quei Paesi per poi vendere nel mercato statunitense. Questo è fondamentale, poiché la maggior parte dei leader aziendali considera problematici il mercato del lavoro ristretto e la qualità della forza lavoro disponibile negli Stati Uniti. Due aziende belghe, attive nella robotica industriale, hanno visto in questo un'opportunità. Il tentativo del presidente Trump di riportare l'attività industriale negli Stati Uniti, a fronte della mancanza di manodopera qualificata, avrebbe potuto avere successo solo con l'automazione di più processi.

Un campanello d'allarme per l'Europa

Un sentimento comune tra i leader aziendali è che le difficoltà economiche derivanti dall'attuale intricato pasticcio geopolitico rappresentino un significativo campanello d'allarme per l'Europa. L'Unione Europea ha storicamente prosperato grazie a diverse dipendenze, come le importazioni di energia a basso costo dalla Russia, il libero scambio internazionale e la consistente protezione militare fornita dagli Stati Uniti. Nell'attuale clima geopolitico, questi elementi non possono più essere dati per scontati. L'iniziativa della Commissione Europea di accelerare gli accordi commerciali internazionali, come l'accordo con il Mercosur, è accolta con grande favore. L'America Latina e l'Asia, in particolare, sono considerate importanti mercati in crescita per le esportazioni europee.

Allo stesso tempo, molti leader aziendali ritengono che l'UE debba riformarsi rafforzando il mercato unico attraverso l'eliminazione delle barriere commerciali esistenti. Le stime del FMI suggeriscono che le barriere commerciali intra-UE rimanenti potrebbero raggiungere un equivalente tariffario di circa il 44% in media per gli scambi di merci, ovvero tre volte superiore alle barriere commerciali tra i singoli Stati degli USA. Per i servizi, le stime indicano addirittura un dazio del 110%.

Vi è anche una forte richiesta di semplificazione e deregolamentazione. È tempo di agire sulla base del Rapporto Draghi. Il recente piano della Commissione europea per ridurre la burocrazia e semplificare le norme dell'UE, caratterizzato dalle sue prime iniziative concrete, è stato salutato da un CEO come il "lato positivo" di un panorama geopolitico sempre più complesso.

Effetto delle tensioni geopolitiche sui costi di produzione e sui costi operativi

 - Source: European Commission
Source: European Commission

Il prezzo della resilienza

Il nuovo contesto geopolitico globale ha un prezzo. Non si tratta solo dell'impatto negativo dell'incertezza sulla crescita. Le aziende devono anche elaborare strategie adattive per affrontare questo scenario. Un CEO ha lamentato il fatto che l'agilità necessaria per gestire un contesto in continua evoluzione assorba tempo manageriale che potrebbe altrimenti essere dedicato alla pianificazione strategica a lungo termine. Ciò è coadiuvato dal fatto che l'Europa fa maggiore affidamento sulle catene del valore globali, il che la rende più vulnerabile alla frammentazione nel breve termine rispetto agli Stati Uniti o alla Cina.

Anche le preoccupazioni relative alla sicurezza comportano costi aggiuntivi. Un CEO ha osservato che i costi di trasporto sono aumentati, con le importazioni dall'Estremo Oriente che a volte impiegano 60 giorni anziché 28 a causa degli attacchi Houthi nel Mar Rosso. Analogamente, la maggior parte delle aziende ha visto aumentare drasticamente i costi per la sicurezza informatica, con un CFO che ha menzionato un aumento di cinque volte della spesa per la sicurezza informatica negli ultimi cinque anni. La frammentazione geopolitica ha inoltre spinto molte aziende intervistate a proteggere alcune delle loro filiali estere per impedire alle autorità locali di accedere alla rete aziendale.

I prezzi delle materie prime sono diventati più volatili a causa dei rischi per la sicurezza internazionale e dei cambiamenti climatici. Un'azienda alimentare belga ha evidenziato che la copertura è generalmente diventata più costosa. Nel ciclo di analisi di Spring Forecast, la Commissione Europea ha intervistato le aziende europee sulla loro risposta a tensioni, interruzioni o cambiamenti di politica monetaria nei mercati esteri. Quasi il 40% ha segnalato un aumento dei costi. Sebbene alcuni di questi costi possano essere trasferiti ai prezzi al consumo, la percentuale di aziende che ritiene di poterlo fare è inferiore a quella che non è in grado di farlo, il che suggerisce una certa pressione sui margini.

Il mondo non è più così piatto

Nel suo bestseller del 2005 "Il mondo è piatto", Thomas Friedman ha descritto quella che allora era una nuova fase della globalizzazione, in cui l'interconnessione di molti Paesi nella catena di approvvigionamento globale implicava un interesse personale nel mantenimento della stabilità e della cooperazione economica. Vent'anni dopo, sembra che il mondo stia diventando nuovamente più frammentato. Per le aziende che operano a livello internazionale, ciò significa che alcune delle economie di scala e di scopo che le multinazionali possono sfruttare non sono più così semplici. Molti leader aziendali con cui abbiamo parlato ora preferiscono affidarsi a catene di approvvigionamento locali per le loro filiali internazionali, al fine di ridurre al minimo il rischio di interruzioni della catena di approvvigionamento globale. Sebbene la maggior parte delle aziende sembri ancora in grado di affrontare questo contesto più rischioso, è chiaro che l'agilità è diventata cruciale, limitando gli effetti negativi a breve termine. Tuttavia, nessuno può negare che rimanere resilienti in questo nuovo contesto più impegnativo abbia un prezzo da pagare.

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