Il mondo è immobile come un cervo in autostrada

I mercati si sono calmati, ma non bisogna lasciarsi ingannare: siamo ben lontani dal tornare alla normalità. C'è la sensazione che il mondo sia come un cervo di fronte ai fati di una macchina: non sa cosa fare ed è terrorizzato da quello che potrebbe succedere 

Preparatevi ad altri shock economici

Dopo l'esplosione dei dazi ad aprile, seguita da turbolenze di mercato e persino da dubbi sull'indipendenza della Fed, l'inizio di maggio è sembrato la famosa calma dopo la tempesta. Qualcuno potrebbe essere tentato di pensare che le sfide all'economia globale siano in gran parte evaporate. Ho i miei dubbi.

Non dimentichiamo che, nonostante il tira e molla sui dazi, l'entità delle tariffe attualmente imposte è ancora significativamente più alta rispetto all'inizio dell'anno. La guerra in Ucraina continua a trascinarsi e l'incertezza è ancora alta, non da ultimo per quanto riguarda lo stato di diritto e la stabilità delle istituzioni pubbliche negli Stati Uniti.

Le prossime settimane potrebbero portare ulteriore sollievo, ma non ci conterei. Seguendo il principio “speriamo nel meglio ma prevediamo il peggio”, dovremmo prepararci a ricevere notizie macroeconomiche più negative quando l'impatto diretto dei dazi di aprile si manifesterà nei dati. Il nostro scenario di base rimane quello che vede le attuali tensioni commerciali risultare in uno shock dell'offerta negli Stati Uniti e in uno shock della domanda nell'Eurozona.

Il petrolio è un fattore mitigante

L'economia globale ha subito un altro shock, che dovrebbe essere un fattore di attenuazione: il significativo calo dei prezzi del petrolio. A meno che non sia destinato all'esportazione, il petrolio più economico dovrebbe portare qualche beneficio all'economia globale. Probabilmente non sarà sufficiente a compensare completamente l'impennata dell'inflazione negli Stati Uniti causata dai dazi, ma potrebbe contribuire a compensare l'effetto negativo sulla crescita dell'Eurozona e sicuramente si aggiungerà all'attuale tendenza disinflazionistica.

Nell'Eurozona e, eventualmente, negli Stati Uniti, ciò potrebbe dare alla BCE e alla Fed più spazio per ridurre i tassi di interesse. Sebbene la riduzione dei prezzi dell'energia e la politica monetaria possano almeno in parte mitigare l'impatto negativo e l'incertezza che i dazi doganali porteranno con sé, il corso a lungo termine sarà comunque determinato dalla (geo-)politica.

Non farò ipotesi sulle prossime mosse dell'amministrazione statunitense, ma mi concentrerò sull'Europa. I recenti sviluppi hanno purtroppo intaccato il precedente ottimismo, secondo il quale il vecchio continente avrebbe finalmente colto l'opportunità di essere all'altezza delle nuove sfide geopolitiche rafforzando l'economia interna, anziché restare bloccato come un cervo in autostrada illuminato dai fari di un'auto.

Il fatto che si dica che alcuni Paesi europei cercheranno di raggiungere gli obiettivi di spesa per la difesa più elevati semplicemente riclassificando le categorie di spesa è più che preoccupante.

Il dramma politico andato in scena martedì 6 maggio a Berlino, con l'inizio più che maldestro di Friedrich Merz come prossimo cancelliere tedesco, è stato un'altra dimostrazione che il senso di urgenza non è ancora abbastanza alto, almeno non dovunque.

In un momento di debolezza questa settimana, mi sono sorpreso a sperare segretamente che l'attuale calma dopo la tempesta sia in realtà la calma prima della tempesta. Se questa è la pressione necessaria affinché l'Europa sia finalmente coraggiosa e non si limiti a parlare, ben venga.

Le nostre principali indicazioni in sintesi

I dazi di base statunitensi del 10% rimarranno in vigore per tutta la durata del mandato del Presidente Trump. Le tariffe reciproche - attualmente rinviate di 90 giorni - saranno probabilmente ridotte/eliminate per alcuni partner commerciali statunitensi, anche se in molti casi solo dopo il 9 luglio (quando terminerà la pausa).

La crescita economica degli Stati Uniti è destinata a rimbalzare nel secondo trimestre, visti i segnali che puntano verso un rapido calo delle importazioni. Al di là del polverone sollevato in queste settimane, si scorgono dati sulla fiducia più deboli, i quali suggeriscono che probabilmente assisteremo a un forte rallentamento nella seconda metà dell'anno. È improbabile che i tagli alle tasse spostino l'ago della bilancia della crescita statunitense nel corso di quest'anno.

La Federal Reserve manterrà i tassi fermi almeno fino a luglio. Finché i dati sull'attività non inizieranno a indebolirsi, la Fed rimarrà concentrata sul contenimento dei rischi per l'inflazione. La Fed potrebbe aspettare fino a settembre prima di tagliare ulteriormente i tassi, anche se, in tal caso, il primo taglio potrebbe essere di 50 punti base.

La crescita dell'Eurozona è destinata a ristagnare dal secondo trimestre, anche se il calo dei prezzi dell'energia dovrebbe contribuire a compensare l'impatto negativo della guerra commerciale. Anche il pacchetto infrastrutturale tedesco rappresenta un importante incentivo, anche se il suo impatto probabilmente non si farà sentire fino al 2026.

La Banca Centrale Europea si appresta a tagliare i tassi altre due volte, portando il tasso di deposito all'1,75%. Il calo dei prezzi dell'energia e il rafforzamento dell'euro contribuiscono alle pressioni disinflazionistiche nell'Eurozona, consentendo alla BCE di ridurre ulteriormente i tassi.

È probabile un ulteriore allentamento monetario da parte della Banca Popolare Cinese. Prevediamo altri 20 punti base di tagli dei tassi e 50 punti base di tagli del coefficiente di riserva quest'anno, con la prossima mossa che potrebbe avvenire dopo la ripresa dei tagli dei tassi da parte della Federal Reserve statunitense.

Prevediamo che la coppia EUR/USD si muoverà in un range di 1,12-1,15 nel breve termine. Una BCE allineata alle posizioni delle colombe e una crescita dell'Eurozona storicamente debole limitano il rialzo.

Prevediamo che il rendimento del decennale statunitense scenda al 3,90% entro la fine del secondo trimestre, a causa del deterioramento dei dati economici; tuttavia, il rischio di sell-off su tutti gli asset USA potrebbe tornare nella seconda metà dell'anno, sostenuto dall'aumento dell'inflazione e dalla continua elevazione del deficit.

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